Ricordo di Erminio Longhini

4 novembre 2016 / 4 novembre 2019

Dall’intervento del prof. Longhini alla Conferenza dei Presidenti – Cagliari,10 maggio 2009 «L’anima dell’associazione»

L’Associazione AVO esiste e vive solo se nelle sue vene scorre l’amore reciproco vissuto e sperimentato all’interno dell’associazione, che genererà l’azione verso il malato, cercando con lui una diffusione di quanto nell’Associazione è nato. Se questo non avviene, non è più generato dal carisma dell’AVO. Sarà anche un’azione meritevole – già sempre presente nella storia – ma non sarà l’AVO e il suo essere nuovo e originale​.

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Assistere il malato, donare al discepolo la propria esperienza, condividere la sofferenza, è cosa nota nella storia e nella letteratura, ma la novità AVO è generare una nuova volontà, non mia e non tua, ma «nostra», nata dalla vera pace del cuore, capace a sua volta di generare letizia, e affidare a queste il nostro agire e la nostra speranza.

Non “io” ma “noi” (come dice il nostro giornale), ogni volontario e volontaria porta così nel suo agire tutti gli altri. Sarà l’amore reciproco fra noi che ci consentirà di portare una luce in un mondo nuovo. Bisogna affidare il proprio agire all’unità nata nell’AVO con la reciprocità fra i suoi volontari, e sarà questa unità ad agire.

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Così nasce il nuovo, lo sperato, ma l’unità d’intenti è una pianticella delicata che deve essere curata ogni giorno con la vita e la vera appartenenza all’Associazione. Questa deve essere amata, partecipata, deve regnare in essa la regola che il tuo problema è il mio, nella vera reciprocità vi è la possibilità di risolvere ogni problema; così nascerà la scuola, la forgia del volontario AVO, ricca di quella luce che ci porterà a capire il significato della sofferenza, il profondo valore della persona, di ogni persona, sempre, e la possibilità di essere essenziali anche quando tutto sembra umanamente compromesso.

Così si illuminerà anche l’altro aspetto della novità dell’AVO; il malato è sì da curare nel suo dolore e nella sua solitudine, ma anche da amare con il dono di noi stessi. Nella malattia si troverà allora la giusta luce, perché amore chiama amore, e amore è vita. Potremo scoprire che ognuno di noi, piccolo e incapace, è chiamato insieme a portare nel mondo della salute una presenza nuova, capace di generare letizia.